Un anno discreto

Anche quest’anno, proprio nell’ultimo scampolo di duemilaquindici, wordpress mi invia puntuale il report a ricordarmi dell’operato del mio blog. Come mi pare di capire la maggioranza di noi, per non farmi trovare impreparata all’arrivo del prossimo, avevo già stilato una coraggiosa quanto inverosimile lista dei miei obiettivi quando, leggendolo, è stato proprio wordpress a farmi venire in mente qualcosa di un tantino più originale e soprattutto gratificante.

Ho deciso allora di rivolgere strategicamente il mio pensiero a quanto è passato, ad aspetti di ciò che è successo in questi ultimi trecentosessantacinque giorni. I giochi in questo caso sono ormai fatti, non si può barare su quello che è stato, non si può più cambiare o migliorare granchè ora, l’unico botto ancora consentitomi sarà forse quello a ridosso della mezzanotte.

Ed è singolare come un blog possa restituire anche esso in una certa misura il polso della situazione. Quanto possa farmi riflettere su alcuni elementi che ho sempre ritenuto insostituibili nella mia vita. In questo caso specifico ed in maniera assai chiara mi fa ripensare ai numeri di quella che, in un impeto definitorio, mi è venuta da chiamare “economia emotiva sommersa“: fatta cioè di tutte quelle persone che non vedo, probabilmente non conosco, magari non ho mai incontrato e mai capiterà eppure sono coloro che stanno lì, davanti al proprio schermo e mi leggono.

E non saprò mai nulla di loro, chi sono, cosa fanno, come vivono le mie posizioni, quanto profondamente riflettono su di esse, quanto ridono, se piangono. Come mi immaginano, quanto poco sono d’accordo con me, se provano a capirmi anche andando un po’ oltre le parole, se mi prendono in giro. E sì mi prendono in giro, ne sono certa. Lo spero vivamente.

Ed è ancora più speciale immaginarmi invece chi mi conosce: bene, meno bene, quel tanto che basta per disegnare al meglio i contorni della mia persona o cancellarli per cambiarli o ripensarli mentre i vocaboli scorrono sotto i loro occhi. Per me si realizza in questo modo un fenomeno assai poetico, una forma di comunicazione sottile e che porta con sè un aspetto di sacralità che mi unisce con forza a chi siede dall’altra parte dell’etere.

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Ebbene wordpress mi dice che in tutto, gli uni sommati agli altri, sono abbastanza, comunque decisamente di più di quelli che potrei immaginare limitandomi a contare i commenti che ricevo, le condivisioni o altro. Allora per superare la goffaggine del post di fine anno ho pensato di rivolgere indistinto un pensiero a tutti voi, variamente nascosti dietro le vostre letture ed i pc, usando al contempo un po’ di sana gratitudine.

Grazie perciò innanzitutto e per primi ai visitatori manifesti di questo blog e a tutti quelli che ne hanno condiviso i post, lo hanno commentato, ci hanno messo la faccia e uno o una serie di mi piace contribuendo di un poco alla crescita dello stesso. Poi un enorme grazie sussurrato a quelli che alla lettura mi hanno scritto in privato, puntualizzando il mio pensiero, esponendomi il proprio, perchè i social sono potenti per far muovere le parole e le informazioni che stanno dietro e dunque anche più splendida e meno scontata diventa la discrezione, il riserbo, la timidezza di chi rivive il proprio riflesso in quello che ha letto. Di chi sarebbe a disagio vedendo pubblico un proprio commento, che non sa o non vuole stare da quella parte.

E infine grazie a tutti gli altri, silenziosi ad oltranza, lettori più o meno accaniti ma riservati tout court. Tutti quanti voi insieme in qualche modo formate la mia parte di economia emotiva sommersa, a sua volta una componente imprescindibile del mio mondo da blogger e non.

Siete belli, anche se non vi vedo, anzi aggiungete bellezza alle vostre persone proprio per questo. Continuando a rifletterci ho inoltre capito che questo processo fa il paio con un altro, molto importante anch’esso ed è il fenomeno delle persone che dopo una serata o un reading di miei versi mi si avvicinano confessandomi, spesso a metà tra il vergognato ed il timido ma con quel sorriso negli occhi di chi dice il vero, di non capire molto di poesia ma di apprezzarla, di provare a sentirla e di ringraziarmi per quello che io a mia volta stavo tentando di fare.

Che il fatto che la poesia sia noiosa, inutile, una chiavica, e che palle, te lo hanno già ripetuto in cento e allora forse i noiosi sono loro, e il tentativo di sporgersi per arrivare a vedere anche dell’altro rispetto al consentito è sempre più coraggioso e soprattutto divertente.

Che poi scusate ma lo dite a me? Io di Poesia cosa so, cosa faccio ancor peggio? Poco, pochissimo, a volte nulla. La Poesia è altro, è altrove, è tantissimo di quello che abbiamo inesorabilmente dimenticato e pochissimo di quello che vediamo e noi stessi crediamo di portare in giro, presentare, performare. Perciò un doppio grazie a voi, per la fiducia e l’affetto.

Ora non mi rimarrebbe che fare, a tutti ed anche a me, una serie di auguri e allora mi concentro su quello che al momento sento come il più potente: ci auguro un anno discreto nella forma come eccezionale nella sostanza, fatto di silenzi pienissimi, occhi lucidi, amori che ritornano se mai erano partiti, vibrazioni dell’anima, condivisioni tra quattro mura, in un cortile, sotto le lenzuola. Velocissimi battiti di ciglia e di cuore, la capacità di tenere in disparte il brutto insieme alla forza di sminuzzare il bello per ognuno, per quanti ne hanno bisogno, per quanti non lo sanno chiedere.

Un anno di sguardi che si incrociano e si abbassano per la forza degli stessi, per la carica delle storie che portano, la loro ineluttabilità nello stupido del quotidiano, l’arrossarsi delle labbra, il divertirsi fuori misura, il saper ridere con gli occhi, il piangere con le membra, il leggere fra le righe, tutte le righe, a partire da queste.

Che dite? Ci basta? Mi sembra sufficiente per iniziare. E ritrovarsi magari qui tra un po’, più forti, più arricchiti, più numerosi. Buon anno.

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